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"In duemila contro il Galan grande", di Guido Moltedo

Hanno superato quota duemila le firme raccolte dalla Nuova Venezia. Ieri sera, alle 8.45, erano 2063. Firme di intellettuali (tra i primi firmatari, Andrea Zanzotto), ma soprattutto di cittadini, di veneziani ma anche di tanti amanti di Venezia, che hanno sottoscritto un appello pubblicato dal quotidiano veneto e rivolto a Giancarlo Galan, nel quale si chiede al ministro per i beni culturali di rinunciare alla designazione di Giulio Malgara e di «non cancellare l’esperienza di Paolo Baratta alla presidenza della Biennale con una nomina inadeguata, come rischia di accadere, garantendo invece una reale continuità con il lavoro che egli stava svolgendo anche a favore della città, offrendo nel caso una rosa di nomi su cui anche Venezia possa esprimersi». (http:// temi.repubblica.it/nuovavenezia-a ppello/?action=vediappello&idappell o=391224).
L’ennesimo appello di intellettuali, che non lesinano la propria firma sotto qualsiasi pezzo di carta antiberlusconiano, pur di “esserci”? Non è il caso di questa iniziativa veneziana, di carattere e di portata “popolare”. In epoca di “indignados”, anche questa raccolta di firme è nel segno dell’indignazione.
Indignazione per una decisione chiaramente dettata da calcoli “politici”, o peggio, che non fa bene a Venezia. «La storia – ha detto il vicepresidente dei senatori pd Luigi Zanda – è piena di delitti politici compiuti dai regimi nelle fasi finali della loro esistenza. La decisione del duo Berlusconi-Galan di sostituire il presidente della Biennale di Venezia Paolo Baratta con Giulio Malgara è più di un delitto, è un atto stupido che fa male a Venezia privandola del contributo di un intellettuale dalla grande professionalità che ha fatto moltissimo per la città».
Chissà se Giorgio Orsoni, avvocato prestato alla politica che misura le virgole, si era reso conto, dettando la sua nota diretta ai giornali, degli effetti della sua reazione “a caldo”, poco dopo la designazione di Malgara. Avrebbero avuto l’effetto – le sue parole, due in particolare – della palla di neve che diventa una valanga. «Sono convinto – aveva detto il sindaco di Venezia e vicepresidente di diritto della Biennale – che Giulio Malgara sia persona inadeguata a ricoprire il ruolo di presidente della Biennale di Venezia e che dunque seguire l’ipotesi di una sua conferma sarebbe scelta sbagliata».
Quell’«inadeguata» è diventata anche la parola chiave dell’appello dei duemila. Quasi l’effetto che ebbe il titolo di copertina “Unfit”, “inadatto”, con cui The Economist aprì quella che sarebbe diventata una campagna mediatica internazionale contro Berlusconi.
Fosse un’iniziativa “di sinistra”, Giancarlo “Galan grande” potrebbe infischiarsene. Anzi, gli piacerebbe assai, snobbare l’appello, specie ora che, a quanto sembra, i suoi rapporti con Franco Miracco si sono raffreddati: Miracco, uomo di cultura veneziano, e per anni suo consigliere di fiducia, difficilmente avrebbe rotto con Paolo Baratta. Galan tirerà dritto, dunque, e fino in fondo, ma sulla sua strada troverà non i firmatari dell’appello ma i leghisti veneti, che non l’amano e, per di più, apprezzano l’operato di Baratta.
Come ha fatto capire il presidente del Veneto, Luca Zaia, lo vorrebbero confermato al suo posto. Dopo il voto al cardiopalma di qualche giorno fa alla camera, con il governo Berlusconi salvo per un voto, Galan sa che i suoi margini di manovra sono risicati per salvare Giulio Malgara, buon amico suo e della moglie, compagno di lavoro del ministro ed ex-presidente del Veneto quando entrambi si occupavano di pubblicità sotto l’ombrello berlusconiano, nei primi anni Novanta.
Adesso la designazione di Malgara dovrà passare l’esame delle commissioni parlamentari.
Il centrosinistra, guidato dalla pattuglia dei parlamentari veneti, Beppe Giulietti in testa, ha già annunciato opposizione tosta. «Io consiglio prudenza», ripete Zaia, «non si può fare la festa di laurea prima di essersi laureati».
Significa che la Lega voterà contro? La possibilità c’è. Ma anche a questo ha pensato Galan. Con l’astuzia di presentare la proposta prima al senato – dove in commissione la Lega non è determinante – e successivamente a Montecitorio.
A Palazzo Madama il dibattito sulla nomina dovrebbe approdare martedì prossimo. Se il senato darà il via libera, a quel punto potrebbe essere più difficile per la Lega smarcarsi dalla maggioranza. Ma la partita resta aperta.

da Europa QUotidiano 20.10.11