attualità, politica italiana

“Un nuovo partito per la destra italiana”, di Eugenio Scalfari

Due notizie meritano una breve anteprima. La prima è la volatilità di Berlusconi che l’altro ieri ha dato per certa la caduta del governo Letta se gli sarà tolto lo scranno di senatore, ma ieri ha detto esattamente il contrario affermando l’incrollabile fiducia nel suddetto governo indipendentemente dalle sue vicende giudiziarie. La seconda notizia è la nomina di quattro senatori a vita da parte di Napolitano alle persone di Abbado, Piano, Rubbia ed Elena Cattaneo.
La volatilità mentale è a volte un dono di natura, altre volte è una sciagura. Quando può influire sui destini di un Paese può arrecare gravi danni e questo è il caso. Resta da capire se nel caso specifico si tratti d’un elemento caratteriale o d’un sopravvenuto disturbo mentale. L’unico rimedio è di non dargli alcuna importanza.
La scelta dei quattro senatori è in perfetta linea con i requisiti previsti dalla Costituzione. Le reazioni del centrodestra, dei giornali berlusconiani e della Lega sono state di motivare quella scelta con ragioni politiche volte a rafforzare al Senato il centrosinistra. La stessa reazione ha manifestato Travaglio. La comunanza non è casuale: si tratta di fango che imbratta le mani di chi lo maneggia.
Fine dell’anteprima.
In un mondo sempre pi ù interdipendente gli elementi negativi e quelli positivi si intrecciano senza posa e il termometro che ne misura l’andamento ne registra ogni giorno l’intensità e le aspettative che ne derivano.
Nella settimana appena trascorsa l’alternarsi degli eventi e gli effetti che hanno prodotto hanno toccato il culmine della confusione tra timori e speranze, ottimismo e pessimismo. Pensate all’Egitto, ai venti di guerra in Siria che potrebbero incendiare tutto il Medio Oriente, ai sintomi di crisi nell’economia dei Paesi emergenti, ma anche alle buone notizie sulla ripresa dell’economia americana e ai segnali – timidi ma visibili – d’un miglioramento dell’economia europea.
I mercati, sempre molto sensibili a queste diverse sollecitazioni, hanno registrato fedelmente quanto accadeva. Alla fine il bilancio della settimana è moderatamente positivo anche se il circuito mediatico tende a mettere in evidenza le cattive notizie che producono più sensazione delle buone.
Per quanto riguarda l’Italia i temi che hanno tenuto banco sono stati: la sorte politica e giudiziaria di Berlusconi, le conseguenze sul suo partito e sul governo, la questione dell’Imu, dell’Iva, dei rapporti con l’Europa, le attese prevalenti dell’opinione pubblica. Senza dimenticare l’imminenza delle elezioni politiche tedesche che avranno influenza su tutto il continente e anche fuori di esso.
Dalla settimana che ora comincia le agenzie di sondaggio riprenderanno il loro lavoro ma fin d’ora sappiamo che l’opinione più diffusa, al di là delle diverse posizioni politiche, è in favore della stabilità. L’ipotesi di imminenti elezioni politiche o di crisi di governo prive di alternative credibili, creano timore e rifiuto. Questo sentimento è comune al 70-80 per cento dei cittadini e rappresenta quindi una condizione che determina l’intera nostra situazione politica ed economica.
La cosiddetta abolizione dell’Imu è un effetto di quella condizione determinante. La stabilità ne è uscita rafforzata ed è destinata a reggere nonostante le bizze, le rivalità e la faziosità del piccolo mondo politico che stenta a recuperare consapevolezza e dignità di comportamenti.
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Berlusconi si sente perso e fa di tutto per non abbandonare il proscenio dove da vent’anni e più recita la parte del protagonista. Voleva e vuole dominare il governo, logorarlo, ricattandolo e ingraziandosi il favore del pubblico con proposte che possono riscuotere favore popolare. L’abolizione dell’Imu era una di queste. In realtà a lui e ai suoi fedeli importa assai poco dell’Imu. Del resto fu lui a introdurre l’Ici, poi ad abolirla, poi a ripresentarla sotto altra forma. Ma oggi lo slogan di abolirla definitivamente gli avrebbe fatto gioco, era il modo per puntellare la sua presenza sul proscenio nonostante la sentenza di condanna definitiva. «Se io resto l’Imu sarà cancellata»: questo è stato lo spot dell’ultimo mese. Adesso questo spot è caduto e resta in piedi la sola questione che veramente interessa il protagonista: non uscire di scena. Si direbbe che, risolta la questione Imu, il re è nudo. Inutile dire che quel nudo offende al tempo stesso la morale e l’estetica, non dei moralisti e giustizialisti ma dei milioni di persone perbene che hanno assistito con indignazione e disgusto alla corruzione dilagante, al prevalere degli interessi privati, al degrado della società e della dignità del Paese.
Il re è nudo e un regime è finito. Questo tema diventerà in un prossimo futuro dominante per tutti i moderati italiani che dovranno trovare nuove forme di rappresentanza, lontane dal populismo e dall’uomo della Provvidenza. È un tema che non interessa soltanto i moderati ma anche la sinistra democratica e riformatrice. Va dunque discusso con consapevole responsabilità.
Il tema dell’Imu merita tuttavia ancora qualche parola per chiarirne la portata che a mio avviso non è stata spiegata secondo realtà.
Nel suo discorso di investitura di qualche mese fa in Parlamento Enrico Letta aveva detto che l’Imu sarebbe stata “rimodulata”. In che modo? Sostituendola con un’altra imposta comunale sugli immobili, come esiste in tutti i Paesi europei.
Ci volevano alcuni mesi di tempo per effettuare questa rimodulazione; nel frattempo il pagamento delle rate dell’Imu sarebbe stato sospeso. Così è ora avvenuto. L’Imu 2012 (già pagata) non è stata rimborsata come aveva promesso Berlusconi, ma la prima rata 2013 è stata cancellata con decreto e una copertura certa e approvata dalla Ragioneria dello Stato. L’abolizione del saldo è un impegno politico che prenderà forma di decreto a metà ottobre insieme alla legge finanziaria e al disegno della nuova “service tax” che sostituirà l’Imu rimodulandola.
Questo è avvenuto e avverrà e non si vede in che cosa tradisca gli impresi presi da Letta quando ottenne la fiducia. Le poche risorse disponibili potevano essere utilizzate per altri e più importanti scopi sociali? Credo di sì, ma il governo sarebbe stato battuto con lo spot sull’Imu e il re non sarebbe stato denudato di fronte alle sue private responsabilità. Senza governo è evidente che nessun’altra decisione poteva esser presa. Si sarebbe aperta quella crisi politica che il grosso dei cittadini non gradisce ed anzi
rifiuta.
Infine: per quanto riguarda il saldo dell’Imu, la copertura nelle sue grandi linee c’è già ma il decreto non c’è ancora ed è una delle necessarie astuzie della politica. Soltanto a metà ottobre Berlusconi sarà definitivamente decaduto dagli incarichi pubblici; se il suo partito e lui stesso perdessero la testa e i ministri si dimettessero dal governo, la rata dell’Imu dovrebbe essere pagata dai contribuenti, la rimodulazione non avverrebbe e l’intera responsabilità cadrebbe sulle spalle del Pdl.
Questa è la realtà di quanto è avvenuto. Restano ovviamente aperte le questioni delle risorse, dell’Iva, della crescita e dell’occupazione; questioni in parte di pertinenza europea ed in parte italiana. Le possibilità non mancano. Saranno indicate a fine ottobre con la legge finanziaria. Complessivamente occorrono circa 15 miliardi, fermo restando l’impegno a contenere il deficit entro il 3 per cento. Abbiamo più volte affrontato questa risolvibile questione. Tra due mesi dagli annunci si passerà ai fatti. Se così non fosse, allora sì, il governo verrebbe meno ai suoi scopi e non meriterebbe più la fiducia.
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Nel frattempo – lo ripeto – i moderati debbono costruire una forma di rappresentanza politica che abbandoni totalmente il populismo e si configuri come una destra democratica ed europea rendendo possibile l’alternanza con una sinistra democratica e riformista. È interesse di tutti che questa trasformazione avvenga e non mancano nel Pdl persone che stanno già lavorando a quel progetto: Quagliariello, Lupi, Cicchitto e molti altri. Vanno incoraggiati, ma il loro compito è molto difficile; la sua riuscita presuppone infatti che in Italia esista una borghesia moderata che dia lo sfondo sociale ad una simile operazione.
Purtroppo in Italia una borghesia moderata non c’è, anzi – per essere ancora più chiari – in Italia non esiste una borghesia se con questa parola s’intende una classe generale che abbia al tempo stesso un ruolo economico, sociale, politico. E purtroppo non esiste più una classe operaia che sia anch’essa una classe generale con ruoli economici, sociali e politici.
Classe generale significa un ceto sociale che coltivi al tempo stesso i suoi propri interessi nel quadro dell’interesse di tutti. I partiti rappresentano (dovrebbero rappresentare) l’articolazione politica di queste classi che si contrappongono e si alternano nel governo del Paese, divise nelle rispettive visioni del bene comune ma accomunate dal rispetto della democrazia, dello Stato di diritto e dello spirito liberale che tutto consente a tutti nel rispetto dell’eguaglianza di fronte alle legge, delle pari opportunità e del principio di difendere la libertà altrui come la propria.
Sono principi elementari, affermati da molti a parole ma praticati da pochissimi nei fatti e questo è il vero male italiano. Ne ho molte volte esposto le cause originarie e non starò qui a ripetermi. Ma un fatto è certo: l’ultimo in ordine di tempo (con molti predecessori) a danneggiare gravemente questi principi e questi valori è stato Silvio Berlusconi. Il compito dei suoi successori è arduo ma necessario e se anche il risultato fosse parziale sarebbe pur sempre un avvio. Il tempo è venuto, hanno pochi mesi a disposizione. Perciò si muovano subito altrimenti si troveranno di fronte soltanto alle rovine prodotte dall’implosione del regime che hanno consentito a Berlusconi di costruire con la loro complicità.

La Repubblica 01.09.13