Giorno: 12 Settembre 2013

“La mobilitazione ha vinto. Niente asta per Suvignano”, di Silvia Gigli

Il grande pressing sul governo partito dalla Toscana all’indomani della decisione dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati di metterla all’asta (era il 21 agosto scorso) e culminato nella grande manifestazione di domenica scorsa, ha avuto l’esito sperato. Ieri il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico ha incontrato il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi e con lui si è impegnato a modificare nel più breve tempo possibile la norma a cui aveva fatto riferimento l’Agenzia nazionale per i beni confiscati prendendo la decisione di vendere la tenuta, e renderla quindi compatibile con il progetto regionale di valorizzazione. Un progetto elaborato con le associazioni antimafia e gli enti locali che punta alla produzione agricola di qualità unita ad una serie di importanti attività sociali. «È un bellissimo risultato dice soddisfatto il presidente Rossi alla fine del lungo e proficuo incontro romano che conferma la sostenibilità e il valore sociale del progetto che abbiamo condiviso con gli enti locali interessati e con tante associazioni impegnate sul fronte antimafia. Vendere la tenuta avrebbe voluto dire correre il rischio di farla nuovamente …

“Quale dialogo sulle riforme”, di Massimo Luciani

L’articolo di Stefano Rodotà pubblicato su l’Unità invita a ricondurre al piano del confronto pacato e argomentato la discussione sulla revisione della Costituzione. È un dato positivo, perché non sempre è stato così, negli ultimi tempi. Lo dimostrano, fra l’altro, le oltre 400 mila adesioni all’appello di un noto quotidiano che proclama (nientemeno!) «non vogliamo la riforma della P2». E lo dimostrano il tono e il contenuto di alcune delle critiche rivolte al percorso di revisione che la Camera ha appena approvato. È stato detto, ad esempio, che oggi una revisione della Costituzione non sarebbe possibile perché dovrebbe costruirla un Parlamento delegittimato dall’essere stato eletto con una legge elettorale non solo impopolare, ma anche incostituzionale. Un ragionamento di questo tipo, però, deve essere conseguente: se legittimazione non c’è, non c’è per nessuna delle decisioni dell’attuale Parlamento, nemmeno per quelle – che so – in tema di imposizione fiscale o di ordine pubblico. Che facciamo, allora? Invitiamo gli italiani a non tenerne conto? Si è anche detto che una revisione concordata da Pd e Pdl sarebbe …

“Chi ha paura delle riforme”, di Michele Ainis

Il finimondo è un numero a tre cifre: 138. Scritto con un pennarello nero sulle mani sventolanti dei grillini, agitato come un altolà da quanti s’oppongono al disegno di riforma, o al contrario usato a mo’ di grimaldello per forzare la serratura della Costituzione. Sicché è guerra sulle regole, tanto per cambiare. Però stavolta la guerra investe il «come», non il «cosa». Perché l’articolo 138 detta le procedure per correggere la Carta. E perché in questo caso il Parlamento sta applicando il 138 per introdurre una procedura in deroga al medesimo 138. Da questa seconda procedura nascerà (forse) la riforma. Ma c’è già chi la reputa illegittima, al di là dei suoi eventuali contenuti. Per il metodo, prima ancora che nel merito. Cominciamo bene. Messa così, verrebbe da dire: lasciate perdere. Tornate alla via maestra del 138, senza cercare scorciatoie. E guardate alla sostanza, piuttosto che alla forma. Tanto più se la forma diventa un elemento divisivo, quando ogni riforma costituzionale andrebbe viceversa condivisa. D’altronde non è forse vero che l’articolo 138 incarna la sentinella …

“Berlusconi si decida”, di Claudio Sardo

Non ne possiamo più di giuristi improvvisati, di parlamentari travestiti da avvocati, di procedure ormai elevate a surrogato della politica. Davvero qualcuno pensa che le sorti del governo Letta siano legate alle pregiudiziali del senatore Augello, poi trasformate in «preliminari»? O che la scelta di staccare o meno la spina da parte di Berlusconi dipenda dalla data del voto in Giunta sulla decadenza? Tutto ciò è ridicolo, benché sia drammatico per un Paese che soffre di crescenti esclusioni sociali, che ha perso competitività, che deve riformare le proprie istituzioni, che non può assolutamente permettersi una crisi di governo al buio. Eppure la crisi è minacciata. Anzi, sembra essere l’obiettivo del leader Pdl, la sua risposta politica alla condanna penale definitiva che lo esclude da ogni funzione pubblica. La crisi invece delle dimissioni (come avverrebbe in ogni altra parte del mondo). Non è detto che Berlusconi riesca a fare ciò che ha in mente. Ha tante resistenze anche nel suo campo, persino nelle sue aziende. Ma lui vuole rompere. E non certo perché il Pd non …

Alla scuola serve un progetto non solo qualche computer”, di Benedetto Vertecchi

Si può dire ciò che si vuole (certo, gli argomenti non mancano) sugli indirizzi della politica scolastica italiana dopo la Seconda Guerra Mondiale fino agli ultimi decenni del 900. Su un punto, tuttavia, si dovrebbe concordare, e cioè sul carattere espansivo delle scelte effettuate. Se si pensa qual era la condizione di partenza, e come fruire di educazione scolastica fosse ancora il segno dell’appartenenza a strati favoriti della popolazione (tanto più favoriti se l’educazione dal livello primario si estendeva a quello secondario) è evidente il cambiamento intervenuto nei modi di vita dei bambini e degli adolescenti, ma anche delle loro famiglie. Fruire di educazione formale per un numero consistente di anni è diventata con gli anni la condizione normale di esistenza. Ciò non significa che non vi siano ancora sacche di deprivazione, ma il fenomeno ha cambiato di caratteristiche. La deprivazione di educazione scolastica va considerata più un fenomeno di patologia sociale (conseguente ad altre manifestazioni negative nel comportamento di strati della popolazione, come l’accettazione della cultura di gruppi criminali) che l’espressione di un condizionamento …

“L’ipotesi di un bis se il Pdl si spacca”, di Goffredo De Marchis

Il Letta bis, per lo stesso premier, è un’ipotesi lontana e condizionata da molti paletti. Lo si capisce dalle parole pronunciate alla Camera per riferire degli esiti del G20: «Il riconoscimento positivo possiamo gettarlo via in un attimo: se buttiamo la fiducia e la stabilità che abbiamo raggiunto, torniamo in grandissima difficoltà». Letta parla dei costi di una crisi. «Pesanti per lo Stato e per i cittadini. L’instabilità ci potrebbe sottrarre un miliardo, un miliardo e mezzo» solo per l’aumento dei tassi di interesse sul debito. Ma nei colloqui privati, il premier affronta anche le strade alternative, nel caso di uno strappo di Berlusconi. «Non accetterò accordi al ribasso o peggio ancora accordicchi. A me interessa la stabilità del Paese, non quella della mia poltrona». Il premier sta esaminando gli scenari possibili. «Sarebbe inaccettabile una crisi pilotata con i ministri del Pdl che escono e poi rientrano. Nessuno la capirebbe e il governo ne uscirebbe più debole. Non è questa la via». Tantomeno un Letta bis non potrebbe nascere sulla base di un nuovo “contratto” …

“Viaggio nelle scuole della discordia”, di Vladimiro Polchi

Così ora l’istituto rischia la chiusura. E la cronaca di questi giorni racconta di tanti altri focolai. Eppure la multietnicità è da anni un carattere consolidato della nostra scuola. Stando alle ultime previsioni del ministero dell’Istruzione, nell’anno 2013/2014 gli alunni di cittadinanza straniera sono ben 736.654, su un totale di 7.878.661 studenti previsti sui banchi delle scuole statali. Gli alunni non italiani restano concentrati per lo più nella scuola primaria (dove sono 271.857). E ancora: il loro record di presenze si registra in Lombardia (178.475 stranieri iscritti), seguita dall’Emilia Romagna (86.697). Ma attenzione: molti studenti figli di immigrati sono nati in Italia (quasi il 50 per cento, con punte dell’80 per cento nella scuola dell’infanzia). Tradotto: se nel nostro Paese vigesse lo ius soli, l’incidenza degli alunni stranieri sul totale sarebbe molto più bassa e le discussioni in corso sulle “quote multietniche” a scuola perderebbero in gran parte la loro ragion d’essere. Arcangela Mastromarco, docente referente del polo Start 1 (Struttura territoriale per l’integrazione) di Milano, si occupa dell’inserimento degli studenti stranieri in 56 scuole …