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“La solitudine dell’Italia: unico paese in recessione”, di Laura Matteucci

L’Ocse gela le attese di ripresa e incorona l’Italia maglia nera tra i Paesi ad economia avanzata. Nel G7 è l’unico Paese ancora in recessione, e le stime aggiornate indicano un Pil 2013 in flessione dell’1,8%. Con contrazioni finali nel quarto trimestre dello 0,3% e nel terzo dello 0,4%. Decisamente meglio gli altri Paesi europei, con la Francia che registrerà a fine anno una crescita dello 0,3% (+1,4% nel terzo trimestre, +1,6% nel quarto), la Germania dello 0,7% (+2,3% e +2,4%), la Gran Bretagna dell’1,5% (+3,7% e +3,2%). Mentre oltreoceano, gli Stati Uniti arriveranno a +1,7%, come frutto di notevoli accelerazioni finali (+2,5% e +2,7%). Per l’Organizzazione economica parigina la situazione italiana è comunque in pur lieve miglioramento: «Gli indicatori suggeriscono che l’Italia sta uscendo, lentamente ma sta uscendo, dalla recessione in cui era caduta», dice il vicecapo economista dell’Ocse, Jorgen Elmeskov. In questo scenario però, aggiunge, «ci sono una serie di cose che potrebbero succedere » e di cui non si può rendere conto nelle cifre, come «il rischio politico» legato all’attuale instabilità e «un rischio eurozona, più ampio, che potrebbe avere un impatto». Un quadro, insomma, estremamente fragile. Anche perché sulla ripresa «moderata» dell’eurozona, che proseguirà nella seconda parte dell’anno, continuano ad aleggiare rischi elevati. In primis, l’alto livello della disoccupazione: c’è il rischio possa diventare «strutturale» anche in presenza della ripresa e aumenti la possibilità di tensioni sociali.

MANCANZA DI LAVORO Nelle economie avanzate, dunque, prosegue una moderata ripresa con la crescita che dovrebbe mantenersi stabile nella seconda metà dell’anno. I miglioramenti maggiori si stanno registrando negli Stati Uniti, in Giappone e in Gran Bretagna mentre l’eurozona nel suo insieme non è più in recessione. Tuttavia, aggiunge l’Ocse, «una ripresa sostenibile non è ancora consolidata e permangono rischi elevati» in particolare per l’area euro. Intanto perché rimane «vulnerabile » alle «rinnovate tensioni finanziarie, bancarie e del debito sovrano, con «molte banche non sufficientemente capitalizzate e gravate da cattivi prestiti ». Ma soprattutto per l’occupazione debole, la crescita lenta e i persistenti squilibri globali, che sottolineano «la necessità di politiche strutturali, in aggiunta a quelle di sostegno della domanda, per creare posti di lavoro, aumentare la crescita, rendere più leggera la pressione fiscale e ridurre in modo permanente gli squilibri esterni». Alta disoccupazione e bassa crescita infatti «possono portare ad aumentare le tensioni sociali nelle economie avanzate ed emergenti ». Tutto questo «evidenzia la necessità di una politica macroeconomica che fornisca supporto sufficiente alla domanda, mentre sono intraprese le riforme necessarie». Secondo l’Ocse «affrontare la disoccupazione è fondamentale e deve essere un obiettivo fondamentale dell’azione di governo. I tassi di disoccupazione sono circa il 12 per cento nella zona euro e 7,5 per cento negli Stati Uniti, molto al di sopra dei livelli pre-crisi’>, e per evitare il permanere di alti tassi anche quando la «ripresa sarà consolidata i governi devono implementare» la politiche di formazione e di attivazione, insieme a un sostegno alla domanda più forte. «Riformare i sistemi fiscali e previdenziali – spiega l’Ocse – dovrebbe incentivare il lavoro, mentre sono necessarie misure mirate per i soggetti vulnerabili, come i giovani senza lavoro al di fuori del sistema di istruzione e formazione». Un aiuto potrebbe arrivare anche dalle riforme istituzionali, che «possono anche affrontare direttamente le ineguaglianze, come ad esempio migliorando l’accesso all’istruzione e l’orientamento ai trasferimenti per chi ne ha più bisogno ». E di certo le politiche di consolidamento fiscale devono continuare. Non solo. «Devono essere meglio progettate per proteggere i più vulnerabili nella società – spiega l’Organizzazione – per costruire il sostegno pubblico per le necessarie riforme strutturali e per dare priorità alla spesa per incentivare l’occupazione ». Quanto all’inflazione, i prezzi al consumo nella zona Ocse sono saliti, a luglio, dell’1,9% tendenziale (+1,8% a giugno), spinti dalle componenti energetica (+4,5% su anno) e alimentare (+2,2%). Al netto di energia e cibo il tasso tendenziale d’inflazione è rimasto stabile all’1,5% in luglio. Su base congiunturale, è aumentato dello 0,1% a luglio.

L’Unità 04.09.13