attualità, politica italiana

“Gli «inchini» di Schifani”, di Luca Landò

Ribaltare o raddrizzare? Il dubbio è suggerito dalla vicenda della Concordia che oggi, promettono gli esperti, dovrà essere «ribaltata», anche se forse sarebbe meglio scrivere «raddrizzata», visto che dritta lo era prima e non lo è più adesso. Punti di vista, si dirà. Ma anche pericolosi giochi di parole, perché alla fine non si capisce se la realtà sia quella che vediamo con i nostri occhi o quella che sentiamo con le nostre orecchie. Come ieri pomeriggio quando, intervistato da Lucia Annunziata, il senatore del Pdl Renato Schifani si è esibito in una serie di inchini e manovre da far impallidire il famigerato capitan Schettino. Inchino numero uno. «L’atteggiamento del Pd è inspiegabile – ha detto l’ex presidente del Senato – se non in funzione di un preciso disegno che sarebbe contro l’interesse del Paese». Fino alla chiusa capolavoro: «Le elezioni porterebbero il Paese al baratro». Il ribaltamento, anzi la rovesciata, è francamente inaccettabile ad ogni persona di buon senso. A volere le elezioni, dunque, non sarebbe il Pdl che minaccia Letta un giorno sì e l’altro pure, ma il Pd che ha detto con chiarezza di volere proseguire l’esperienza di governo e, al contempo, di voler rispettare la legge, la quale prevede che un signore condannato a quattro anni per frode fiscale non possa più proseguire il mandato di senatore. Inchino numero due. «Siamo colpiti e feriti, al di là delle vicende personali di Berlusconi, dall’atteggiamento di un alleato che si sta scagliando contro il leader del nostro partito immotivatamente». E qui, ammettiamolo, viene da applaudire e da restare ammirati. Perché ci vuole un certo coraggio a sostenere che la condanna di Berlusconi sia una «vicenda personale» quando, nella stessa frase, si ricorda che il condannato di cui si parla è «il leader del nostro partito». Se Berlusconi è un leader politico – e anche un senatore della Repubblica – le sue vicende personali (purtroppo, si tratta di condanne definitive) non sono più un fatto personale, ma una questione di diritto che investe la politica e le istituzioni. E le istituzioni, in un ordinamento democratico, sono soggette al diritto: la politica non può piegarle a piacimento, o sulla base di ricatti (questi sì, immotivati sul piano costituzionale) che stravolgerebbero l’equilibrio dei poteri. La posizione del Pd sarà forse sgradita a Berlusconi ma è «motivata». Come è motivato il sostegno al governo Letta, per il percorso programmato nel 2014. Se Schifani è disposto a fare cadere il governo pur di difendere il seggio del Cavaliere, abbia il coraggio di dirlo all’Italia senza imbrogli. Altrimenti, rischia di avventurarsi in una manovra per la quale, forse, non basterebbe nemmeno Schettino.

L’Unità 16.09.13