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“Riva non paga i fornitori, la crisi sociale si aggrava”, di Massimo Franchi

Se lunedì era stata la giornata delle« pressioni del governo sulla Riva Acciaio, ieri è stato il giorno dei contatti fra azienda, garante e Procura di Taranto. Contatti che però non hanno portato ad uno sblocco della situazione, che rimane sempre intricata con tempi che si allungano. Con conseguenze che si allargano ora dopo ora. E che ieri hanno colpito i fornitori del gruppo.

TELEFONATE ED INCONTRI Dopo l’incontro Zanonato-Ferrante (a cui ha partecipato anche l’amministratore unico Cesare Riva, unico esponente della famiglia non sottoposto a provvedimenti cautelaci) di lunedì sera, ieri il ministro dello Sviluppo e il presidente del gruppo hanno contattato in momenti diversi il custode dei beni cautelari, Mario Tagarelli. La speranza che potesse dare risposte positive sull’uso dei conti correnti e sulla ripresa dell’attività aziendale (possibile sia per la Procura che per il governo) è presto svanita. È stato proprio il commercialista nominato dalla Procura ad informarli dei ritardi. Il verbale di immissione in possesso dei beni sequestrati non gli è ancora stato notificato. I militari della Guardia di Finanza sono ancora al lavoro e non potranno notificarglielo prima della prossima settimana. Si tratta di un documento necessario per tentare di sbloccare la situazione. La Guardia di Finanza sta stilando in dettaglio l’elenco dei beni (azioni, quote sociali, cespiti aziendali, partecipazioni in portafoglio e denaro in contanti) finiti sotto sigilli sulla base del decreto di sequestro preventivo per equivalente, finalizzato alla confisca, sino alla somma di 8,1miliardi di euro, firmato dal gip del tribunale di Taranto Patrizia Todisco il 22 maggio. L’ormai consueta nota giornaliera del gruppo Riva Acciaio ieri riguardava invece il pagamento dei fornitori. «Dal sequestro preventivo del Gip di Taranto discende l’impossibilità di proseguire nell’attività che è conseguentemente in via di cessazione e impedisce di provvedere al ciclo dei pagamenti nei confronti di tutti i fornitori della società (oltre che dei dipendenti)». Una situazione ormai insostenibile per tutto il comparto dell’acciaio tanto che ieri è arrivato il grido di dolore del presidente di Federacciai Antonio Gozzi. «La situazione del blocco delle imprese di Riva Acciaio, provocata dai provvedimenti di sequestro emanati dalla magistratura di Taranto e non da una decisione di serrata da parte del gruppo Riva – sottolinea polemicamente Federacciai – ha suscitato enorme preoccupazione nei produttori italiani di acciaio che vedono in questo episodio un grave attacco alla libertà delle imprese che si trovano in una situazione di grandissima difficoltà ». Federacciai ha quindi chiesto «un incontro urgente con il presidente del Consiglio, Enrico Letta, e con il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, per rappresentare loro la preoccupazione del comparto e per sollecitare una rapida soluzione del caso». La decisione di non pagare i fornitori viene fortemente criticata dalla Cna. Per la Confederazione nazionale degli artigiani «è un atto irresponsabile – commenta il segretario generale, Sergio Silvestrini – che mette sul lastrico migliaia di piccole imprese che forniscono ogni giorno i servizi agli stabilimenti del gruppo».

SINDACATI UNITI: STOP A SERRATA La risposta dei sindacati è unitaria, sebbene rimangano le differenze di posizione sul tema del commissariamento, con Fiom favorevole e Fim e Uilm più tiepide che la considerano (come il governo) un’extrema ratio. «La serrata effettuata deve essere ritirata. Il governo adotti tutti i provvedimenti necessari a copertura e tutela del reddito dei lavoratori e del loro lavoro per l’oggi e per il futuro», affermano Fim, Fiom e Uilm in una nota congiunta. La decisione assunta dal gruppo Riva, sottolineano i sindacati, «rischia di distruggere, attraverso danni incalcolabili, la meccanica e la componentistica, per questo va respinta con forza. Non possiamo accettare che il prezzo di questa contrapposizione sia a carico dei lavoratori». «Dell’ acciaio e della siderurgia il Paese ha e continuerà ad avere bisogno e questo richiede che il gruppo Riva e Ilva Spa, facciano quelle scelte industriali e quegli investimenti per dare prospettiva e futuro a tutti gli stabilimenti. Fermare gli stabilimenti così come ha fatto irresponsabilmente il gruppo Riva produce come effetto, oltre che il danno ai lavoratori, quello di portare acqua al mulino dei competitor. Qual è il gioco messo in atto dai Riva?», si chiedono infine i sindacati. Oggi intato sono previste altre nuove grandi manifestazione di protesta a Cuneo, Brescia, Verona a soli due giorni da quelle di lunedì. Intanto non è ancora stata convocata la già annunciata riunione al ministero del Lavoro per dar il via libera alla Cassa integrazione straordinaria per i 1.400 operai dei sette stabilimenti Riva Acciai.

L’Unità 18.09.13