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“Puntiamo tutto sull’innovazione.L’appello lanciato al Cnr per uscire dalla crisi”, di Emanuele Perugini

C’è uno spred molto importante di cui non parla quasi nessuno: è quello della cultura e della scienza. Negli ultimi cinque anni lo spread culturale dell’Italia con la Corea del Sud è salito a 430 punti: la percentuale dei giovani laureati nel paese che produce smartphone, elettrodomestici e automobili apprezzatissime in tutto il mondo è infatti del 64 per cento. In Italia è solo del 21 per cento. Nello stesso tempo gli investimenti italiani in ricerca sono crollati del 14 per cento così come l’occupazione dei giovani nelle fabbriche della conoscenza -ovvero gli iscritti all’Università sono scesi del 17 per cento. Le conseguenze di questi risultati sul Prodotto interno lordo, e sulla bilancia dei pagamenti sono disastrose: il deficit commerciale nel settore dell’alta tecnologia ha raggiunto punte dell’ordine del punto di Pil. Sono questi gli aspetti cruciali intorno ai quali è ruotata la discussione che si è svolta ieri mattina presso l’Aula Marconi della sede centrale del Consiglio Nazionale delle Ricerche. L’occasione giusta per sollevare questo tipo di dibattito è stata la presentazione del libro scritto da Pietro Greco e da Bruno Arpaia per l’editore Guanda La Cultura si Mangia. Il titolo del libro è in sé una risposta alla famosa frase dell’ex Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti «con la cultura non si mangia» che ha segnato, nella sua assurdità, la linea politica ed economica tenuta dai governi italiani negli ultimi dieci anni, con qualche rara eccezione. A discuterne insieme ad uno degli autori un parterre ricco di uomini di scienza, tra cui anche il presidente del Cnr, Luigi Nicolais, e altri protagonisti del dibattito scientifico e culturale, come Carlo Bernardini e Rino Falcone, ma anche del mondo dell’impresa. Nel libro e durante il convegno sono stati snocciolati diversi dati ed esempi che smentiscono sistematicamente le affermazioni del ministro «innominabile» come è stato definito da Sergio Ferrari nel corso del suo intervento. Il problema però è che «quando quella frase venne pronunciata- ha spiegato Ferrari nessuno, salvo pochi ricercatori, si scandalizzò ed ebbe una dura reazione polemica contro il ministro, perché il partito di chi ritiene che con la ricerca e con la cultura non si mangia è davvero molto grande in questo paese». Eppure i dati illustrati dai due autori parlano chiaro: se l’economia italiana è in crisi la colpa è essenzialmente legata alla profonda crisi del nostro sistema produttivo, legata principalmente alla incapacità di investire in innovazione e in ricerca innovativa. «Purtroppo il nostro sistema di imprese -ha spiegato il Presidente del Cnr è sempre stato caratterizzato da una scarsa propensione a investire in ricerca e questo per una serie di ragioni storiche, tra cui anche la possibilità di svalutare la moneta. Inoltre quando erano fatti investimenti in questa direzione erano rivolti essenzialmente a ridurre i costi di produzione, e non a creare prodotti più appetibili sul mercato. Ora che non abbiamo più la possibilità di ricorrere alla svalutazione dobbiamo invece puntare tutto sull’innovazione e sulla capacità di innovare non solo i processi, ma anche e soprattutto i nostri prodotti. Ma non riusciamo a farlo spie- ga in termini sconsolati Nicolais -perché il nostro paese manca soprattutto di una classe dirigente che sia in grado di avere una visione di lungo periodo e che sappia mettere al centro del dibattito politico, non i personalismi dei vari protagonisti, ma i temi che sono stati illustrati in questo libro». Al termine della discussione è stato lanciato un appello che sarà presto pubblicato sul sito www.roars.it che punta a costruire una piattaforma politica di discussione intorno a questi temi. «È arrivato il momento -spiega Rino Falcone di mobilitarsi in maniera coerente e di rivendicare in maniera sistematica quali sono i veri obiettivi da perseguire».

L’Unità 18.09.13