“Il leader Pdl ha firmato i referendum radicali”, di Mattia Feltri
Se ci fosse un filo conduttore, sarebbe un groviglio. Se fossero due punti, Silvio Berlusconi e Marco Pannella sarebbero uniti da un arabesco. Se c’è uno schema logico per raccontare i rapporti fra i due, non è ancora stato scoperto: lo si può forse rappresentare come il tracciato di un elettrocardiogramma, ma di un paziente malmesso. Appaiati da due pazzie completamente diverse, Silvio e Marco si prendono e si lasciano, secondo un’antica simpatia e secondo i calcoli di rispettiva convenienza, ma soprattutto secondo un’incomunicabilità irrimediabile. Si mettevano lì, venti anni fa, quando il leader radicale ancora credeva (come mezza Italia) che il collega di centrodestra avesse l’intenzione e la forza di inventare qualcosa di rivoluzionariamente liberale. Si mettevano lì e Marco cominciava con Ernesto Rossi, con Gaetano Salvemini, il cattolicesimo liberale di Romolo Murri, e andava avanti per ore e quell’altro, che ha una capacità d’attenzione pari alla durata di uno spot televisivo – e forse aveva qualche amica che lo aspettava o forse cominciava il Milan – cadeva disperato in narcolessia. E nemmeno poteva …