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Propaganda nucleare. Più spot che sviluppo

Con 154 voti favorevoli, uno contrario e un astenuto, il Senato ha approvato il disegno di legge sullo sviluppo. Le opposizioni che avevano annunciato il voto contrario, all’ultimo hanno preferito astenersi in blocco con l’intento di far mancare il numero legale per la convalida del voto. Un iter molto travagliato che ha visto l’esecutivo impegnato a stralciare, modificare e correggere molte delle ipotesi tanto sbandierate ben 10 mesi fa che, poi, si sono dimostrate irrealizzabili.

Dei 64 articoli che compongono la normativa – il primo ddl era composto di 34 articoli – i punti principali vertono sul ritorno dell’Italia al nucleare, l’arrivo della class action e il ripristino dei fondi per l’editoria.

Quindi dopo oltre 20 anni e messo al riparo dall’attenzione dell’opinione pubblica, troppo incantata dal G8 de L’Aquila, in Italia torna il nucleare. A dire il vero, il condizionale è d’obbligo in quanto sebbene il governo faccia sembrare tutto molto semplice e immediato – un po’ come la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina la cui realizzazione la vede solo Berlusconi -, l’effettiva realizzazione del piano per il nucleare è rimandato di sei mesi, tempo in cui il governo dovrà predisporre le norme d’attuazione, la localizzazione degli impianti e i sistemi di stoccaggio e deposito dei rifiuti radioattivi. Quisquilie!

Sarà il Cipe a definire le tipologie degli impianti. I siti, d’autorità, potranno essere dichiarati “di interesse strategico nazionale”, soggetti anche a controllo militare. Per la costruzione dell’impianto, fatte salve la Via (valutazione di impatto ambientale) e la Vas (valutazione ambientale strategica), sarà necessaria un’autorizzazione unica rilasciata di concerto dal ministro dello Sviluppo economico e quello dell’Ambiente e le Infrastrutture.

A smorzare l’euforia del ministro Scajola, mente indiscussa del progetto nucleare, sono arrivate le risposte univoche da parte della Regioni: tranne una parziale apertura da parte del Veneto e della Sicilia, nessuna amministrazione ha dato il proprio sì alla realizzazione sul proprio territorio di centrali nucleari.

L’altra altra grande novità è l’arrivo della class action. Ma anche in questo caso emergono immediatamente pecche e falle nella sua applicazione. Non sarà retroattiva, entrerà in vigore non prima del gennaio 2010 e vi si potrà ricorrere solo per gli illeciti compiuti dopo l’entrata in vigore di questa legge.

Salirà dal 5,5% al 6,5% la maggiorazione dell’aliquota ordinaria Ires a carico delle aziende petrolifere e dell’energia elettrica con lo scopo aumentare i fondi destinati all’editoria. Con l’aumento della Robin Tax, entro due anni verranno ripristinati 140 milioni per il fondo per l’editoria.

“Si riparte con la propaganda sul nucleare. Nonostante quanto sbandierato dal Governo Berlusconi, infatti, si tratta della scelta più sbagliata che il nostro paese possa intraprendere per risolvere i suoi problemi energetici. Oltre all’errore del perseguire con la scelta nucleare è inaccettabile l’idea del Governo di scorciatoie che passino per la militarizzazione delle aree, tagliando di fatto la necessaria via della concertazione con i territori e con le regioni che non fossero disponibili ad ospitare gli impianti nucleari e i siti di stoccaggio. E’ un approccio insopportabile e lontano da quanto si fa in qualunque paese occidentale e rischia di condurci in un vicolo cieco”, lo ha dichiarato Ermete Realacci, responsabile Ambiente del PD commentando l’approvazione in Senato del ddl sviluppo.
“Sono assolutamente favorevole”, ha aggiunto Realacci,“che l’Italia sia protagonista nella ricerca di un nucleare di quarta generazione che diminuisce i rischi, la produzione di scorie, rompe la catena della proliferazione nucleare. In questo campo, l’Italia ha tutte le condizioni per dire la sua. Ma è noto a tutti che questo nucleare oggi non esiste e pensare di costruire centrali di vecchia generazione nel nostro Paese è completamente sbagliato e anti-economico”.
“Così com’è oggi”, ha concluso Realacci, “il nucleare è una scelta che sottrae risorse, sia pubbliche che private, a obiettivi quanto mai urgenti, come investire in efficienza energetica, sviluppo delle fonti rinnovabili a cominciare dal solare, promuovere l’innovazione tecnologica, che in tempi enormemente più brevi consentirebbero di abbattere le emissioni che alimentano i mutamenti climatici, di ridurre sensibilmente la nostra dipendenza energetica dall’importazione di petrolio, di accrescere la competitività delle nostre imprese,di alleggerire le bollette a carico delle famiglie. Questa è la vera frontiera dell’innovazione in campo energetico, una frontiera che rappresenta un’opportunità tanto più grande in questa fase di crisi economica”

A.Dra
www.partitodemocratico

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